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A cura dell’Avvocato Emanuele Pisciotta, Founder SCDI.

 

La crisi dell’impresa rischia di incrinare i rapporti all’interno delle compagini sociali, anche di quelle apparentemente maggiormente consolidate.
Sempre più di frequente, ci troviamo ad affrontare situazioni di conflitto tra soci (o gruppi omogenei di soci), organo amministrativo ed organi di controllo in vista dell’adozione di decisioni drastiche quali quelle scaturenti da esigenze di ristrutturazione dell’indebitamento, riorganizzazione del business ovvero rispetto a temi controversi rilevanti in sede di approvazione dei bilanci.
In sede di consulenza precontenziosa, cerchiamo di chiarire, appianare e risolvere le ipotesi conflittuali, forti del convincimento per cui la coesione interna alla società (sia essa una PMI o un player maggiormente strutturato) rappresenti una base imprescindibile per affrontare le sfide imposte da un mercato sempre più complesso sia dal punto di vista regolamentare che operativo.
Laddove tale conflitto risulti irreversibile e tale da paralizzare l’imprescindibile normale funzionamento dell’assemblea (verificandosi, ad esempio la protratta infruttuosità delle riunioni assembleari con conseguente paralisi) il rimedio estremo si configura nello scioglimento della società con contestuale nomina da parte del Tribunale di un liquidatore terzo ed indipendente rispetto ai soci ed alla società.
In tal caso (e ferma restando, ovviamente, la possibilità di adire per questo le competenti sedi) a nulla comunque rileva ogni ulteriore “indagine” circa l’addebitabilità della “paralisi” assembleare.

Sul punto, la migliore giurisprudenza è ormai pressoché uniforme.

E così, il Tribunale di Milano, con sentenza del 21 Giugno 2019, ha sancito non soltanto che il dissidio fra soci di una srl caratterizzata da una distribuzione paritetica fra gli stessi del capitale sociale cristallizzato nella mancata approvazione dei bilanci sociali comporta lo scioglimento della stessa ex art. 2484 I comma n.3 cod.civ., ma anche che la situazione di stallo assembleare consente al Tribunale di procedere direttamente anche alla nomina del liquidatore, se è prevedibile esito infruttuoso di ulteriore assemblea da convocarsi per tale nomina.

Ed ancora, Tribunale di Bologna 29 Maggio 2014 riconosce che:

– nell’ipotesi in cui si verifichi una causa di scioglimento della società a responsabilità limitata, ciascun socio può adire il tribunale perché nomini un liquidatore ai sensi dell’art. 2485, comma 2, c.c., anche se vi sia controversia tra i soci in ordine alla sussistenza della causa di scioglimento.

– alla declaratoria di scioglimento per impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea è conseguenziale la nomina dei liquidatori senza necessità di attendere l’infruttuosa convocazione dell’assemblea per la loro nomina.

Lo stesso Tribunale di Milano, con sentenza del 6 Marzo 2014, aveva già affermato che ai fini della dichiarazione giudiziale di scioglimento della società ex art. 2484, co. 1, n. 3, il giudice è chiamato ad accertare la sussistenza o meno di una causa di scioglimento della società sulla base degli elementi oggettivi indicati dalla legge. In particolare, egli non può escludere la sussistenza di una causa di scioglimento sulla base del fatto che questa sia addebitabile ad uno piuttosto che ad un altro socio.

Peraltro, il giudice ha il potere di nominare il liquidatore ai sensi dell’art. 2487 co. 2, nonostante la mancanza – al momento della domanda – sia di un formale accertamento della causa di scioglimento sia di una convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 2487 co. 1, allorquando la paritaria partecipazione al capitale sociale dei due gruppi di soci in conflitto non consentirebbe, comunque, di procedere a tali adempimenti e ciò dacché lo stabile contrasto tra gruppi equipollenti di soci impone di privilegiare il principio di economia del giudizio, accogliendo la richiesta di nomina del liquidatore in sede di accertamento di una causa di scioglimento.

 

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