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Il team di SCDI ha di recente affrontato la tematica relativa all’adozione dei principi contabili nazionali (OIC) da parte di una società per azioni che, anteriormente al 2017, aveva optato, su base volontaria, per l’adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS. Sino all’esercizio 2017 tale scelta non era revocabile, a meno del ricorrere di circostanze eccezionali da illustrare adeguatamente nella nota integrativa (art.4 del D.Lgs 38/2005).

La L.145/2018 (Legge di Bilancio 2019) ha modificato il D.Lgs. n. 38/2005 introducendo il nuovo articolo 2-bis, ai sensi del quale le società non quotate – fino ad allora sottoposte all’obbligo di redigere il bilancio secondo i principi internazionali IAS/IFRS – avrebbero potuto optare per i principi contabili nazionali. In virtù della mutata normativa, la facoltà del cambio dei principi contabili poteva essere esercitata già nella redazione del bilancio di esercizio dell’anno 2018.

Stando al tenore letterale della norma, le regole sulla irrevocabilità della scelta già previste dagli artt. 3 e 4 del D. Lgs. 38/2005 – non essendo state richiamate dalla L. 145/2018 – non dovrebbero applicarsi ai soggetti con titoli non quotati di cui all’art. 2-bis del D. Lgs. 38/2005.

L’esame del quadro normativo prende le mosse dal Decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38 rubricato “Esercizio delle opzioni previste dall’articolo 5 del regolamento (ce) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali” in vigore dal 22.3.2005 e sul quale sono intervenute modifiche legislative, tra l’altro con Legge 30 dicembre 2018, n. 145.

All’art. 2 (Ambito di applicazione) del citato D. Lgs. 38/2005, il legislatore ha disposto che

1. Il presente decreto si applica a:

  • a) le  società  emittenti  strumenti  finanziari  ammessi  alla negoziazione in  mercati  regolamentati  di  qualsiasi  Stato  membro dell’Unione europea, diverse da quelle di cui alla lettera d);
  • b) le  società  aventi  strumenti  finanziari  diffusi  tra  il pubblico di cui all’articolo 116 testo unico  delle  disposizioni  in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.  58,  e  successive  modificazioni,  diverse  da quelle di cui alla lettera d);
  • (c) le  banche  italiane  di  cui  all’articolo  1  del  decreto legislativo 1°  settembre  1993,  n.  385;  le  società  finanziarie italiane di cui all’articolo 59, comma 1), lettera  b),  del  decreto legislativo 1° settembre 1993,  n.  385,  che  controllano  banche  o gruppi bancari iscritti nell’albo di cui all’articolo 64 del  decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, ad eccezione delle imprese  di cui alla lettera d); le società di partecipazione finanziaria  mista italiane di cui all’articolo 59 comma 1), lettera b-bis), del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che  controllano  una  o  più banche o società finanziarie ovunque costituite qualora  il  settore di maggiore dimensione all’interno del conglomerato  finanziario  sia quello bancario determinato  ai  sensi  del  decreto  legislativo  30 maggio 2005, n. 142; le società di intermediazione mobiliare di  cui all’articolo 1, comma 1,  lettera  e),  del  decreto  legislativo  24 febbraio 1998, n. 58 (SIM);  le  società  finanziarie  italiane  che controllano  SIM  o  gruppi  di  SIM  iscritti   nell’albo   di   cui all’articolo 11, comma 1-bis, del  decreto  legislativo  24  febbraio 1998,  n.  58;  le  società  di  gestione  del  risparmio   di   cui all’articolo 1, comma 1,  lettera  o),  del  decreto  legislativo  24 febbraio 1998, n. 58; le società finanziarie iscritte  nell’albo  di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1°  settembre  1993,  n. 385; le società finanziarie  che  controllano  società  finanziarie iscritte nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o gruppi finanziari iscritti nell’albo di cui all’articolo 110 del decreto legislativo 1° settembre 1993,  n.  385; le agenzie di prestito su pegno di cui all’articolo 112  del  decreto legislativo 1°  settembre  1993,  n.  385;  gli  istituti  di  moneta elettronica di  cui  al  titolo  V-bis  del  decreto  legislativo  1° settembre 1993, n. 385; gli istituti di pagamento di  cui  al  titolo V-ter del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;))
  • d) le società che esercitano le imprese incluse nell’ambito  di applicazione dell’ articolo 88, commi 1 e 2, e  quelle  di  cui  all’ articolo 95, ((commi 2 e 2-bis) )), del  codice  delle  assicurazioni private;
  • e) le società  incluse,  secondo  i  metodi  di  consolidamento integrale,  proporzionale  e  del  patrimonio  netto,  nel   bilancio consolidato redatto dalle società indicate alle lettere da a) a  d), diverse  da  quelle  che  possono  redigere  il  bilancio  in   forma abbreviata, ai sensi dell’articolo  2435-bis  del  codice  civile,  e diverse da quelle indicate alle lettere da a) a d);
  • f) le società diverse da quelle indicate alle lettere da a)  ad e) e diverse da quelle che possono  redigere  il  bilancio  in  forma abbreviata, ai sensi dell’articolo 2435-bis del  codice  civile, che redigono il bilancio consolidato;
  • g) le società diverse da quelle indicate alle lettere da a)  ad f) e diverse da quelle che possono  redigere  il  bilancio  in  forma abbreviata, ai sensi dell’articolo 2435-bis del codice civile”.

Individuato l’ambito di applicazione del decreto, all’art. 4 (oggetto di successive modifiche normative non incidenti nella fattispecie de qua), il legislatore del 2005 ha distinto, all’interno degli enti assoggettati all’applicazione del decreto 38/2005, tra soggetti obbligati all’adozione dei principi contabili internazionali e soggetti a ciò facoltizzati.

Approfondiamo l’argomento:

E così:

“1. Le società di cui alle lettere a),  b)  e  c)  dell’articolo  2 redigono  il  bilancio  di  esercizio  in  conformità  ai   principi contabili internazionali, a partire dall’esercizio chiuso o in  corso al 31 dicembre 2006.

  1. Le società di cui alle lettere a), b)  e  c)  dell’articolo  2 hanno la facoltà di redigere il bilancio di esercizio in conformità ai principi contabili internazionali, per  l’esercizio  chiuso  o  in corso al 31 dicembre 2005.
  2. Le società di cui alla lettera d) dell’articolo 2, che emettono strumenti finanziari   ammessi   alla   negoziazione   in   mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea e che non redigono il bilancio consolidato, redigono il bilancio  di  esercizio in  conformità  ai  principi  contabili  internazionali,  a  partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2006.
  3. Le società di cui alla lettera e)  dell’articolo  2  hanno  la facoltà di redigere il  bilancio  di  esercizio  in  conformità  ai principi contabili internazionali, a partire dall’esercizio chiuso  o in corso al 31 dicembre 2005.
  4. Le  società  di  cui  alla  lettera  f)  dell’articolo  2  che esercitano la facoltà di cui all’articolo 3, comma 2, e le  società di cui alla lettera g) dell’articolo 2 incluse, secondo i  metodi  di consolidamento integrale, proporzionale e del patrimonio  netto,  nel bilancio  consolidato  dalle  prime  redatto  hanno  la  facoltà  di redigere  il  bilancio  di  esercizio  in  conformità  ai   principi contabili internazionali, a partire dall’esercizio chiuso o in  corso al 31 dicembre 2005.
  1. Le società di cui alla lettera g) dell’articolo 2, diverse  da quelle di cui al precedente comma, hanno la facoltà di  redigere  il bilancio  di  esercizio  in   conformità   ai   principi   contabili internazionali.

  6-bis. Le società di  cui  ai  commi  1,  2  e  3  per  le  quali, successivamente alla redazione  di  un  bilancio  in  conformità ai principi contabili internazionali, vengono  meno  le  condizioni  per l’applicazione obbligatoria di tali principi, hanno  la  facoltà di continuare  a  redigere  il  bilancio  in  conformità ai   principi contabili internazionali”.

Il successivo comma 7 del medesimo articolo 4 del d.lgs. 38/2005 disciplina le ipotesi di revoca della scelta per i principi contabili internazionali adottata dai soggetti a ciò facoltizzati, prevedendone condizioni, termini e modalità e statuendo che

7. La scelta effettuata in esercizio delle  facoltà  previste  dai commi 4, 5,  6  e  6-bis  non  è  revocabile,  salvo  che  ricorrano circostanze  eccezionali,   adeguatamente   illustrate   nella   nota integrativa,   unitamente   all’indicazione   degli   effetti   sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e  finanziaria  e  del risultato  economico  della  società.  In  ogni  caso,  il  bilancio relativo all’esercizio nel corso del quale è  deliberata  la  revoca della  scelta  è  redatto  in  conformità  ai  principi   contabili internazionali”.

Su tale quadro normativo, si innestano, con effetti a far data dal 1.1.2019, le norme poste dall’art. 1 commi 1070 e 1071 della Legge 30 dicembre 2018 n. 145.

Il citato comma 1070 interviene sul testo del D. lgs. 38/2005 introducendovi l’art. 2 bis che così recita:

“(Facoltà di applicazione) – 1.  I soggetti di cui all’articolo 2 i cui titoli non siano ammessi  alla  negoziazione

in un mercato regolamentato hanno facoltà di  applicare i principi contabili di cui al presente decreto”.

Il comma 1071 dispone, complementarmente:

“I soggetti di cui all’articolo 2 del decreto  legislativo  28 febbraio  2005,  n.  38,  i  cui  titoli  non  siano   ammessi   alla negoziazione in un  mercato  regolamentato  possono  avvalersi  della facoltà di applicazione dei  principi  contabili  internazionali  ai sensi dell’articolo 2-bis del medesimo decreto legislativo n. 38  del 2005, introdotto dal comma 1070 del presente  articolo,  a  decorrere dall’esercizio precedente all’entrata in vigore della presente legge”. 

Esaminate le norme essenziali costituenti il quadro normativo di riferimento, la fattispecie concreta allo studio del team riguardava una società per azioni (rientrante, fino al 2019, nel novero dei soggetti inclusi alla lettera f dell’art.2 d.lgs. 38/2005 e, a far data dall’esercizio 2020, non redigendo più bilancio consolidato, annoverabile tra i soggetti di cui alla lettera g del medesimo articolo) la quale aveva scelto di esercitare la facoltà attribuita ex art. 4 comma 5 del d.lgs. 38/2005 optando per l’adozione dei principi contabili internazionali.

Nell’ottica dell’impresa, il ritorno agli OIC rispondeva all’esigenza di alleggerire in maniera rilevante taluni costi, fattore di primario rilievo a fronte della contrazione dei ricavi dovuto all’emergenza pandemica.

Nel quadro normativo “originario” (ovverosia quello posto nel 2005) tale scelta sarebbe stata revocabile, ai sensi dell’art. 4 comma 7 del d.lgs. 38/2005, con ritorno ai principi contabili OIC, soltanto al ricorrere di circostanze “eccezionali” da illustrare in nota integrativa e con decorrenza dall’esercizio successivo a quello nel corso del quale è deliberata la revoca della scelta.

La logica di tale scelta normativa adottata nel 2005 risiede, come dalla “Relazione” illustrativa del decreto, nell’esigenza “di evitare comportamenti opportunistici”.

Sul contesto normativo originario è intervenuto, con legge del 30.12.2018 esplicativa di effetti a far data dal 1.1.2019, il legislatore con le succitate norme di cui all’art. 1 commi 1070 e 1071, estendendo la platea dei facoltizzati all’adozione dei principi contabili internazionali ai soggetti di cui all’art. 2 del d.lgs. 38/2005 i cui titoli non siano ammessi a negoziazione in mercati regolamentati.

Se il “dossier del Servizio studi sulla legge n. 145 del 2018” estratto dal sito www.camera.it (link https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1134716.pdf?_1547586871614) sembra limitare l’operatività dell’art. 2 bis in vista della concessione della facoltà, in luogo dell’obbligo “attualmente previsto di applicare i principi contabili internazionali ad alcuni dei soggetti – individuati dall’articolo 2 del medesimo articolo – i cui titoli non siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato”, la lettera della norma di cui all’art. 1 comma 1070 si riferisce, di contro ed in termini generali, ai “soggetti di cui all’articolo 2 i cui titoli non siano ammessi a negoziazione in mercati regolamentati”.

Nessuna espressa limitazione normativa, dunque, ai soli soggetti ab origine obbligati all’adozione dei principi contabili internazionali, per la quale sarebbe stata sufficiente l’esplicitazione delle subcategorie individuate dal medesimo articolo 2, laddove, di contro, il legislatore della legge di bilancio 2019 sembra mutare la logica complessiva del proprio intervento normativo rispetto a quella del d.lgs. 38/2005.

Se la normazione più risalente, infatti, si prefiggeva (come da Relazione illustrativa, pag. 2) “di evitare di creare una disparità normativa eccessiva tra società quotate e società che non lo sono, in modo da non disincentivare la quotazione”, il discrimen che il legislatore del 2018 pare adottare è proprio quello tra società quotate e non quotate, ben potendosi, allora, logicamente escludere che egli abbia voluto intenzionalmente creare un’ulteriore disparità normativa tra soggetti non quotati ab origine obbligati all’adozione dei principi internazionali, da un lato, e soggetti non quotati ab origine facoltizzati all’adozione dei principi internazionali dall’altro lato.

Ciò ritenuto, l’individuazione del quadro normativo allo stato applicabile sconta non poche incertezze alla luce del palese difetto di coordinamento tra i commi 1070 e 1071 della l. 145/2018 ed il d.lgs. 38/2005.

L’introduzione da parte del legislatore superveniens dell’art. 2 bis nel corpus del d.lgs. 38/2005 ha determinato la necessaria disapplicazione di norme comunque non espressamente abrogate, quali quelle contenute nell’art. 4 laddove l’obbligo della redazione del bilancio in conformità ai principi contabili internazionali positivizzato con la locuzione “redigono” parrebbe venir meno per l’effetto dell’attribuzione della facoltà operata con l’art. 2 bis a beneficio dei soggetti di cui all’art. 2 i cui titoli non siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato.

Il mutamento su delineato della logica normativa operato nel 2018 in uno al ritenuto difetto di coordinamento tra disciplina originaria e ius superveniens del 2019 fa emergere altre tematiche afferenti alla fattispecie in esame.

Prima fra tutte, quale sia l’impatto della disciplina scaturente dal combinato disposto tra i commi 1070 e 1071 dell’art.1  della legge 145/2018 (che prevede la possibilità per i soggetti di cui all’art. 2 di avvalersi della facoltà di applicazione dei principi contabili internazionali a decorrere dall’esercizio 2018) sulla norma prevista nel 2005 all’art. 4 comma 7.

In altri termini, ci si è chiesti se alla mutata ratio normativa dell’art. 2 bis (in chiave di inclusione dei soggetti non quotati di cui all’art. 2 del d.lgs. 38/2005 tra i soggetti facoltizzati – e non più obbligati – all’adozione dei principi contabili internazionali con effetti secondo il regime previsto dall’art.1 comma 1071 l. 145/2018) non dovesse conseguire un’applicazione analogica della stessa anche a soggetti ab origine facoltizzati ed anche nell’ipotesi in cui essi, prima dell’entrata in vigore dell’art. 2 bis, avessero optato per l’adozione dei principi IAS/IFRS.

Seppur con cautela, si è pertanto prospettata tale ultima tesi, propendendo, tra l’altro, sulla necessaria disapplicazione dell’art. 4 comma 7 il quale finirebbe per creare un’ingiustificata disparità di trattamento tra “nuovi” facoltizzati ex art.1  comma 1070 l.145/2018 e soggetti ab origine facoltizzati all’adozione dei principi IAS.

Se i primi, infatti, alla luce del nuovo quadro normativo, possono adottare i principi contabili nazionali (OIC) a far data dall’esercizio nel corso del quale viene adottata la relativa delibera ai sensi dell’art. 2 bis d.lgs. 38/2005, i secondi che, d’altro canto, dovessero optare per il ritorno ai medesimi OIC non potrebbero farlo se non al ricorrere di circostanze eccezionali e soltanto con effetti a decorrere dall’esercizio successivo all’adozione della delibera.

Tale disparità di trattamento tra soggetti allo stesso modo non quotati (e, persino, apparentemente sfavorevole per quelli di loro “meno forti” in quanto in linea di massima di dimensioni più ridotte) sarebbe frutto di un’interpretazione scorretta di un quadro normativo disomogeneo risultante da un chiaro difetto di coordinamento tra normative susseguitesi a distanza di oltre tredici anni.

E ciò, lo si ripete, apparirebbe ancor più illogico a fronte di un consolidato favor normativo per le PMI costituenti l’ossatura del tessuto imprenditoriale dell’economia nazionale e, per di più, in un contesto emergenziale quale quello determinatosi a causa della situazione pandemica ancora in corso.

Impedire il passaggio ai principi contabili nazionali OIC per l’esercizio 2020 avrebbe significato  impedire il ricorso ad incentivi riconosciuti dal legislatore in ottica di supporto all’imprenditoria nazionale, in un periodo di eccezionale gravità e pur a fronte dell’affermazione normativa di una serie di  deroghe in chiave di “supporto emergenziale” (prime tra tutte quelle al contenuto degli artt. 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, 2482-ter, 2484, comma primo, numero 4) e 2454-duodecies del Codice civile).

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